PROVE INVALSI SI PROVE INVALSI NO?!?!

Prove invalsi

Prove invalsi, questo è il problema!!

Prove invalsi? Ormai tutti sappiamo cosa sono.

Da qualche anno a questa parte l’espressione PROVE INVALSI fa capolino nelle scuole italiane e nelle case degli studenti. Test di valutazione generiche che mettono a dura prova lo studente e spesso anche l’insegnante che deve preparare i propri allievi ad affrontare i quesiti di matematica, di comprensione del testo e di grammatica. Risultato? Nella maggior parte dei casi le prove invalsi non vengono superate in modo sufficiente e da qui esce un quadro al quanto critico della preparazione dei nostri studenti. Ma mi chiedo, nelle nostre scuole quanto tempo si dedica alla preparazione in vista delle prove invalsi? Cosa potrebbe fare un insegnante per far diventare una passeggiata ciò che è per molti, moltissimi studenti (e non solo) l’incubo peggiore nella carriera scolastica? Propongo un articolo, citato come fonte, in cui troverete delle riflessioni sui pro e i contro degli INVALSI.

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Prove Invalsi: pro e contro

“Escludendo ogni strumentalizzazione ideologica o politica l’INVALSI ha una logica nell’intenzione valutativa univoca su un piano nazionale. E’ un tentativo di dare all’Italia un sistema di valutazione esterno, oggettivo e omogeneo su scala nazionale ma è opportuno chiedersi quale impatto abbiano i test dell’INVALSI sui docenti.
La valutazione “generica” del sistema scolastico può essere utile ma quanti i test dell’INVALSI tengono conto di quello che effettivamente viene fatto in classe? Senza dubbio non si possono confondere i risultati delle prove INVALSI con le modalità, autonome, in atto per la valutazione individuale degli alunni, che mettono giustamente al centro la persona e l’interazione col suo contesto.
L’attuale valutazione INVALSI si basa su prove standardizzate per la misurazione della comprensione della lettura e della matematica per tutti gli allievi delle classi II e V primaria, I secondaria di primo grado, III secondaria di primo grado (in questo caso la prova è all’interno dell’esame di Stato) e II secondaria di secondo grado.
L’Invalsi non rileva saperi, ma capacità d’uso di essi. Indaga, cioè, il modo in cui vengono selezionate, fatte interagire ed elaborate dagli studenti le conoscenze acquisite per affrontare un compito cognitivo.
È ovvio che queste prove non si sostituiscono(e non si devono sostituire) affatto alla valutazione dei docenti, tuttavia possono fornire una base, comparativamente affidabile, per analizzare i frutti delle scelte autonome di ciascuna scuola su un piano comune a tutti gli allievi della scuola italiana.
Per consentire alle scuole di effettuare analisi più approfondite, i dati vengono restituiti in modo disgregato in base alla regolarità del percorso scolastico degli allievi, in base al genere, in base all’origine (autoctona, straniera, di prima e seconda generazione). I dati, siano essi di classe o di scuola, vengono sempre accompagnati da termini di paragone, come la regione, l’area geografica, l’intero Paese e, per le scuole secondarie di secondo grado, scuole della stessa tipologia.
Disporre di un’ampia e solida base di dati può essere utile per la scuola per avere un’informazione dei risultati raggiunti dai propri allievi, è possibile leggere gli esiti delle prove non solo in chiave di contenuti, ma anche rispetto ai processi cognitivi che esse stimolano, ai compiti richiesti e così via. Lo scopo della rilevazione è quello di fornire alle scuole dei dati sui quali esse possano effettuare delle comparazioni solide e robuste, ma, soprattutto, avviare azioni di riflessione e approfondimento per consolidare esiti positivi e migliorare risultati meno soddisfacenti.
Certamente la realizzazione di una rilevazione su scala nazionale in modo che essa possa fornire dei risultati attendibili e robusti richiede il rispetto di un protocollo definito e articolato. Penso che un servizio nazionale di valutazione, specie per gli apprendimenti di base, sia fondamentale, soprattutto in un sistema scolastico come quello italiano che, come in tanti altri paesi occidentali, si fonda sull’autonomia della scuola, è quindi fondamentale che il sistema e le scuole abbiano degli strumenti per comprendere gli effetti principali di scelte autonome adottate in funzione della specificità della realtà in cui ciascuna scuola opera. E ciò è oltremodo vero per gli apprendimenti di base che devono essere garantiti a tutti in tutto il Paese.
E’ vero anche che l’INVALSI cerca di contribuire a spostare il dibattito su un piano più ampio di quello strettamente locale. Negli ultimi anni la quasi totalità dei paesi europei ha avviato la costruzione di servizi di valutazione nazionali.
Detto questo, non ritengo opportuno, né auspicabile, modificare la didattica in funzione di queste prove, tuttavia bisogna rendersi conto dei pregi e dei difetti del nostro sistema scolastico e se tali prove possono servire per “aggiustare il tiro” e focalizzarsi di più su determinati aspetti didattici senza per questo mortificare il lavoro fino ad ora compiuto, ben vengano; il rischio sempre presente, dunque da scongiurare assolutamente, è l’omologazione che rischia di farci perdere di vista i punti salienti al fine di un avvicinamento ad uno standard spesso poco chiaro.”
 
 

Insomma gli aspetti su cui riflettere sono davvero tanti. Come spesso sottolineo nei miei articoli, ciò che bisogna cambiare non è tanto quello che si fa a scuola ma come si fa.

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Buona preparazione a tutti gli studenti che devono affrontare le prove invalsi.

 

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